È un mondo malato di fakenews

Ci stiamo avvicinando pericolosamente al punto di non ritorno. Il nostro pianeta è malato, e questa malattia è paragonabile a una patologia che colpisce il cervello, ma non a livello fisico, bensì a livello psicologico.

Il mondo è malato di una terribile malattia, che negli ultimi anni si è diffusa in modo spropositato in tutti i suoi paesi e tra i suoi popoli. È una malattia nuova, e come tale abbiamo bisogno di conoscerla prima di combatterla, quindi, di vincerla.

Questa malattia ha un nome, “fake news“, in italiano notizie false, non vere, inventate o prive di fondamento. Purtroppo è proprio grazie ai social network che la diffusione si è propagata su scala globale. Difficile da gestire, impossibile da smontare una volta entrata nella testa delle persone. La maggior parte delle persone.

Ma da quando è cominciato tutto questo? È necessario precisare che le fake news sono sempre esistite, sebbene in numero contenuto e, comunque, hanno avuto come veicolo soltanto la televisione e i giornali, che si guardavano bene prima di diffondere i fatti poco credibili, o comunque di una fonte non certa. Non esistevano gli smartphone, e tutto, seppur paradossale, era più controllabile, in un certo senso.

Alla fine del primo decennio del Duemila, con l’avvento di numerosi social network, parallelamente allo sviluppo tecnologico, che ha avuto una crescita esponenziale, si è creata una dimensione internettiana nuova e, dunque, difficile da controllare, almeno nelle prime battute. L’introduzione degli smartphone e la diffusione globale ha fatto il resto.

La famosa frase pronunciata da Umberto Eco nel 2015, “… i social danno diritto di parola a legioni di imbecilli…” (che Repubblica ha spiegato bene in questo articolo del 2019) si è rivelata terribilmente vera negli anni a venire. Prima di aprire questo discorso, faccio una piccola premessa. Quando sono arrivati i primi social network, la maggior parte degli adolescenti non esitava ad iscriversi (come esattamente ora fanno i ragazzi che si iscrivono a Snapchat, Tik Tok e altri) proprio come ha fatto anche il sottoscritto. E proprio il sottoscritto, che (insieme a tutti gli adolescenti dell’epoca) ha visto nascere in un certo senso i social in Italia e anche chi li utilizzava. È necessario dire che, come accade per tutti i social network, l’utilizzo era solo per ragazzi o ragazzini. Poi, però, la grande novità, l’utilità, e la potenza hanno fatto sì che la diffusione avvenisse anche nelle fasce di età più alte, fino ai nostri nonni. Fino, addirittura, a inventare un lavoro che si basasse sulla gestione dei social stessi. Oggi molti brand vivono grazie ai social.

Ciò che disse Umberto Eco non è un insulto alle persone con una bassa scolarizzazione o con capacità intelletive discutibili, ma è una frase che va’ contestualizzata in un discorso ampio e complesso, che comunque non è il tema di questo articolo. Ma ciò che Eco intendeva dire è che, mentre prima dei social, le chiaccherate si facevano nei bar o seduti su un muretto tra amici, e se dicevi una boiata la cosa rimaneva contenuta a quel momento, oggi qualsiasi persona, commentando un post, non si rende conto che è come se stesse dicendo la stessa boiata in una piazza piena di migliaia di persone, su un palco e col microfono in mano. Chiudiamo il discorso qui. Ritorniamo alla diffusione dei social a livello globale.

Sebbende il commentare barbaramente a caso voglia dire raggiungere un punto molto basso di noi stessi, il condividere un post non è da meno. Ormai ci viene quasi naturale scorrere la pagina principale delle “notizie” e schiacciare il bottone “condividi”. È questo il punto: lo facciamo troppo spesso, senza pensare e solo per riempire il nostro profilo di post. Perchè è necessario che anche il nostro profilo abbia qualcosa da dire.

La diffusione delle fake news avviene in modo rapido per varie ragioni. La prima in assoluto è che le persone utilizzano i social come strumento di informazione. Non si discute la forma dello strumento in sè, che effettivamente rende comoda e di larga diffusione la notizia stessa, ma chi. Chi crea la notizia. Senza dubbio viviamo in un’epoca con una situazione sì stabile, ma economicamente facciamo sempre fatica a creare una situazione florida e prospera, per tantissimi motivi. Questo leitmotiv serve a tantissimi attori di questa società, politici e non, per fare leva e creare ulteriore destabilizzazione. Cosa succede quando c’è caos, l’economia a terra e una situazione politica al limite? Le persone iniziano a essere insofferenti e, spazientite, rivolgono il proprio interesse ai soggetti che dicono quello che la maggior parte delle persone vuole sentirsi dire, quelli che propongono soluzioni apparentemente facili a problemi complessi e irrisolti da decenni.

La seconda ragione è che ormai per pigrizia, la maggior parte delle persone non apre l’articolo che condivide, ma legge soltanto il titolo, e questo spesso non rispecchia il contenuto dell’articolo stesso. Anzi, in molti casi, il titolo viene realizzato in modo tale che il post diventi “virale”. Solo a questo scopo. Questi post, tra l’altro, fanno riferimento a link di dubbia provenienza.

Partiamo proprio da qui, un articolo scritto da un sito di dubbia provenienza viene messo in rete, con un titolo che fa notizia, viene condiviso a spron battuto dalle persone più superficiali, che non aprono l’articolo, o perlomeno ci credono, non verificano la fonte, e… ecco fatta la “fake news”.

Senza dubbio i millenials, che sanno riconoscere un sito o un blog di dubbia provenienza dovrebbero, per esempio, insegnare alle persone loro vicine più superficiali come riconoscere una fake news, evitare i link fasulli, e quindi non condividere la notizia. Sarebbe un primo passo.

Questo articolo non ha la presunzione di porre un rimedio a questo problema, che avrà negli anni un impatto devastante, ma vuole solo denunciare la realtà dei fatti.

Come riconoscere una fake news?

Fonte: Wikipedia.org

Questa immagine di Wikipedia spiega cosa dovrebbe fare il lettore consapevole. Ciò per renderci conto di quanto una notizia falsa o priva di fondamento, non verificata, o comunque diffusa da un sito che non sia una delle principali testate giornalistiche sia quanto meno di dubbia provenienza. Questo non significa che ci deve essere imposto cosa consultare, ma significa che ci sono cani e porci, in senso letterale, che producono notizie e aspettano solo che migliaia di persone abbocchino.

È essenziale che le istituzioni mettano in moto un sistema di monitoraggio capillare costante in collaborazione con i social network, i quali rischieranno altrimenti un’implosione di grande portata che potrebbe portare al loro fallimento.

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