Quella ragazza sul tram

FOTO © Michael Floris
FOTO © Michael Floris

La sveglia suonò prepotentemente a ricordarmi che era definitivamente l’ora di alzarmi. L’avevo rinviata all’infinito, ma ogni cinque minuti, quella suoneria povera di bassi mi entrava nelle membra. L’unico modo per sbarazzarmene era saltare fuori dal letto. Io non sono mai stato un dormiglione, ma la mattina, quei cinque minuti in più con la testa sul cuscino sono un toccasana, più o meno come il quarto d’ora accademico: ce lo pigliamo perché sentiamo che ci è dovuto. Quel giorno, fu faticoso più del solito alzarmi dal letto, e per giunta, appena varcai la soglia della cucina, scoprii che la caffettiera era rimasta sporca dal giorno prima. Sbuffando, mi reco in bagno per lavarmi la faccia. L’acqua mi aiuta ad aprire meglio gli occhi, ma sento ancora il cervello annebbiato. Non si è acceso del tutto.

Metto su la caffettiera, e come ogni mattina, accendo la TV col muto e metto il televideo. Credo sia rimasto ancora tra i pochi che ne fanno uso. Ogni gesto che faccio e ogni cosa messa sul tavolo seguono un ordine ben preciso e che non cambio da anni. Il momento della colazione, seppur breve, è un rito sacro che ho bisogno di compiere all’inizio di ogni giornata. Mi sento più sicuro.

Mentre leggo un articolo sull’ennesimo attentato terroristico, l’aroma inconfondibile del caffè mi avvolge come un abbraccio. Quindi, prendo le mie fette biscottate e ci spalmo sopra la crema alla nocciola. Mentre mastico, mi dissocio e rimango assorto nei mie pensieri, faccio una proiezione futura della giornata, ma la fine della fetta biscottata mi ributta nella realtà, e cioè che devo darmi una mossa per non perdere il tram.

Dopo una doccia veloce, impiego un sacco di tempo per scegliere la camicia. Ho sempre pensato che molte persone sconosciute che incontriamo ci giudichino dalla camicia che portiamo. Lo so che è una fissazione sciocca, ma ognuno di noi ne ha una. Decido, finalmente, di indossare il modello Oxford e dopo essermi guardato accuratamente allo specchio per notare qualcosa che potrebbe non piacermi, indosso il cappotto ed esco. Non senza il mio libro.

Con passo svelto, attraverso le vie del centro e mi accorgo che la luce del sole illumina la parte alta dei palazzi. Mi chiedo, quanti soli hanno visto sorgere e tramontare questi palazzi settecenteschi. Sento il tiepido calore della luce che mi batte sulle spalle, e mi pare di essere pervaso da un’energia positiva. Ma non solo. Ora, sento il profumo del pane appena fatto. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, perché il profumo del pane caldo al mattino rimanda sempre alle tradizioni nostrane e ci fa sentire orgogliosi di essere quello che siamo. Senza preavviso, un profumo dolciastro misto all’aroma di caffè mi avvolge in un turbinio di piacere. E’ bello vedere la città svegliarsi.

Guardo l’orologio e come ogni mattina, mi accorgo di aver dato una cadenza troppo lenta al mio passo. Accelero e finalmente raggiungo la fermata quasi correndo, perché il tram è in arrivo. Sono costretto a correre per non aspettare il prossimo. Salgo su e cerco un posto libero. Percorro quasi tutta la vettura. Di fronte a me scorrono tutte facce assonnate. Molto probabilmente sono lavoratori come me, qualche studente ed un paio di anziani. Al fondo, trovo un posto libero e mi siedo cercando di placare l’affanno. Mi sistemo un poco e, subito dopo, estraggo il libro che leggo tutte le mattine. Qualcuno mi guarda un po’ strano. Fa così specie vedere una persona che legge in un mezzo pubblico?

Mentre sono immerso nella mia lettura, il tram frena all’improvviso, così vengo distratto. Alzo la testa e di fronte a me vedo una ragazza che legge il mio stesso libro. Mi sporgo leggermente per scrutarne il viso, ma il suo movimento di sistemarsi meglio sul sedile mi spaventa; ho paura di essere scoperto a guardarla e mi nascondo dietro il mio libro. Cerco di ritrovare la concentrazione giusta per leggere ma non ci riesco. La mia curiosità mi spinge a riguardarla, così prendo a studiare il suo corpo. I capelli scuri e lisci le cadono dolcemente sulle spalle. Vorrei tanto poter vedere il suo viso, ma non ci riesco. All’improvviso, interrompe la sua lettura e abbassa il libro, guardandosi attorno. I nostri sguardi si incrociano per alcuni istanti. Ho potuto ammirare i suoi occhi scuri e il suo naso fine leggermente a punta.

Dopo avermi colto in flagrante, mi rimmergo nella mia lettura, sentendo un leggero calore che mi pervade da testa a piedi. Sento il cuore accelerare bruscamente. Guardo fuori dal finestrino. Il mondo va avanti senza sapere cosa succede dentro il tram, e soprattutto, senza sapere cosa succede dentro me. Le strade vengono invase da numerose automobili, i marciapiedi vengono calpestati da decine di persone. Seduto su quel tram, mi sembra di vivere un mondo diverso. In quel momento, colgo che nessuno è indispensabile nella terra, perché la vita andrebbe avanti lo stesso. Ma non voglio abbandonarmi a questi pensieri negativi, perché voglio rivedere quegli occhi. Continuo a leggere, ma dopo una pagina mi convinco a riscrutarla con più discrezione. Alzo lo sguardo e questa volta ad essere colta in flagrante è lei. Mi stava guardando. Forse si è accorta che sta leggendo il mio stesso libro. Appena incrocio il suo sguardo, si butta dietro le sue pagine di carta, come fosse un muro di parole che la proteggesse da un attacco.

Guardo fuori dal finestrino e faccio un sorriso di soddisfazione, ma purtroppo non ho il tempo di pensare che il tram si ferma alla mia fermata. Devo scendere! Mi alzo e rapidamente raggiungo la porta d’uscita, e prima di scendere, mi giro per rivedere la ragazza un’ultima volta. I nostri sguardi questa volta sono decisi, e accompagnati da un leggero sorriso. Scendo con dispiacere, perché avrei voluto sapere di più su quegli occhi.

La mia giornata lavorativa scorre noiosamente senza troppi impicci, ma ogni tanto mi torna in mente quella ragazza, i suoi capelli, il momento in cui l’ho colta a guardarmi, ed infine, la mia stessa lettura. Una grossa coincidenza.

Sulla via del ritorno, continuo a leggere il mio libro, ma con più lentezza, perché in qualche modo quelle pagine mi tengono legate a lei. Sembra un pensiero assurdo. Faccio fatica a girare pagina, perché non voglio finirlo. Ho paura che una volta terminato, possa dimenticarla. Allora, mi immedesimo nel personaggio principale, sento le sue emozioni.

Intanto, la voce pre-registrata del tram annuncia che la prossima fermata è Piazza Castello. Non ho ancora molto tempo per terminare il capitolo. Sapete, una mia ossessione è quella di lasciare i capitoli incompleti. Alzo lo sguardo e vedo i passeggeri che salgono. Rimango di stucco! Eccola di nuovo… è lei, la ragazza che ha in ostaggio i miei pensieri per tutta la giornata; credevo di essermene liberato, ed invece, la storia si ripete.

Prende posto qualche fila più avanti, e per il momento non si è accorta della mia presenza. Continuo a far finta di leggere il libro, e ogni tanto scopro il mio viso con discrezione come un ispettore in cerca di indizi. Sì, è lei la colpevole. Colpevole di tutto. Colpevole di essere così bella, colpevole di leggere il mio stesso libro, colpevole di tenere in ostaggio i miei sentimenti e di aver rapito i miei pensieri. Di fronte ad un giudice, non avrebbe scampo, verrebbe mandata dietro le sbarre della mia gabbia toracica e si infilerebbe nella parte più delicata del mio corpo senza più uscirne, il mio cuore.

Ma come posso pensare tutto questo se neanche la conosco? La voce della mia coscienza si fa sentire. Non mi ricordo chi è che diceva che chi legge il nostro stesso libro è più vicino a noi di quanto si pensi. Mi affido, dunque, ad un aforisma senza fonte.

Mentre penso a tutte queste cose con la testa appoggiata sul vetro, la solita edicola mi avvisa che è ora di scendere. Sbuffo, perché avrei voluto che quel viaggio durasse per sempre. Mi avvicino alla porta d’uscita e, con in mano il mio libro, prenoto la fermata. Din! Si sta voltando, si sta voltando! E ora che faccio? La guardo o no la guardo? Faccio l’indifferente?

Un sacco di punti interrogativi campeggiano sopra la mia testa. Non capisco più niente. Si è voltata e per un attimo il suo sguardo è tutto per me. Le porte del tram si aprono, ed io, prima di lasciare il paradiso le faccio un  sorriso e subito dopo vengo inghiottito dalle strade dell’inferno. E’ andata! Non so quando la rivedrò. Sarà impossibile incontrarla di nuovo.

E’ così che vanno le cose, quando siamo troppo vicini ad una cosa importante abbiamo paura. Forse, è un sistema di protezione automatica che ha il nostro corpo, e non possiamo farci nulla.

Sgomento, raggiungo casa a passo lento, pensando che la vita fa schifo, e proprio in quel momento, incontro una miriade di coppie prese per mano, e mi chiedo: saranno innamorati per davvero? Saranno felici?

Mi faccio un esame di coscienza, e alla mia anima porgo una domanda difficilissima: ho mai amato qualcuno, per davvero?

Mentre la mia coscienza pensa ad una risposta credibile, il cielo sputa qualche goccia, così aumento il passo. Il cielo è nero sopra Torino. Un cielo che ha l’aria di scatenare tutta la sua ira da un momento all’altro. Un lampo illumina tutto a giorno, alzo lo sguardo e subito avverto il rombo assordante di un tuono. Prendo a correre, e per alcuni secondi i tuoni si susseguono come se la città fosse preda di un bombardamento.

Arrivo a casa fradicio. Ho freddo. Tolgo gli indumenti bagnati e decido di fare una doccia calda. L’acqua bollente mi coccola e mi rilassa, ma come ogni volta che termino di fare la doccia, il mio cervello pensa sempre a qualcosa che mi metta in ansia.

“May day, may day! Abbiamo un problema!” La voce della mia coscienza si fa sentire, chiede aiuto perché ancora non è riuscita a trovare una risposta sull’amore.

“Ancora, ci pensi?”

“Sì, me l’hai chiesto tu prima, e finché non ti darò una risposta, non mi darò pace.”

“Allora, pensaci. Pensaci, ma senza stressarmi!”

 

-FINE PRIMA PARTE-

 

© Michael Floris – Tutti i diritti sono riservati.

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2 Risposte a “Quella ragazza sul tram”

  1. I dettagli così descritti mi catturano a tal punto di sentire l’emozione nel susseguirsi degli eventi raccontati.

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