Picture-Story: Campagna romana con papaveri

17° appuntamento della rubica Picture-Story.

GIULIO ARISTIDE SARTORIO: CAMPAGNA ROMANA CON PAPAVERI

 Sartorio - Campagna romana con papaveriInfo sul quadro

Anno: 1893

DImensioni: n.d.

Separatore-1-2

 In quel campo di papaveri, alla periferia di Roma, Lucia ci andava da quando era una bambina. Fu lì che iniziò a muovere i primi passi. Suo padre pensò che avrebbe respirato un’aria più sana rispetto alla città. Lucia cominciò ad andare a carponi e così iniziò ad apprezzare da vicino i colori vivaci che quell’ambiente nuovo le offriva. Sentiva nuovi profumi, intensi e così variegati.

Quando fu bambina, Lucia si divertiva a rotolarsi sull’erba, non badando alla gonna che salendole fino alla vita, ne scopriva la sottoveste. Lei si sentiva di appartenenere a quel posto, come se fosse figlia di quei fiori. Rimaneva ore ad osservare le gesta degli insetti e a capirne i movimenti. Raccoglieva mazzi di fiori che portava ora alla mamma, ora alla nonna.

Dopo che venne a mancare il padre, Lucia continuò ad andare in quel posto. Era ormai un’adolescente. I primi anni portava con sè un libro. Trascorreva le giornate d’estate a leggere. Quando pioveva, si riparava nel casolare situato di fronte al vecchio mulino.

Quando Lucia conobbe Marco, lo portò a scoprire quel fantastico posto. Si sedettero di fronte al mulino e al casolare.

-Questo posto per me è speciale.- disse Lucia.

-Perché?- chiese Marco incuriosito.

-Ci ho trascorso l’infanzia. Mio padre mi portava sempre qui…- Lucia si fece scura in volto, aveva gli occhi lucidi.

Marco avvertì la leggera commozione di Lucia così col braccio le cinse le spalle. Lucia si rintanò in quell’abbraccio, come a cercare le braccia paterne che non sentiva più da troppo tempo. Si sentiva sicura. Marco capì che Lucia, in quell’istante, era diventata la sua, Lucia. Quell’abbraccio si trasformò in lungo bacio. Lucia si sentì pervasa da un’emozione nuova e assai potente.

Da quel momento in poi, Lucia condivise con Marco quel posto. La domenica, dopo la messa, ci andavano per fare dei pic nic, solo lei e lui. Lui e lei. Nessun’altro.

Una domenica di luglio, i due partirono da Roma con la corriera delle dieci. Il sole era già alto nel cielo. La campagna si era quasi tutta imbiondita. In lontananza, vicino ai boschi, si potevano avvertire leggere sfumature di verde pallido. Le cicale cantavano all’unisono che pareva un inno all’estate. Ad un certo punto, un vento forte avvolse i due giovani. I capelli di Lucia ondeggiavano quasi con violenza, mentre le pale del mulino presero a girare sempre più veloci. Il cielo si fece grigio. Marco lo guardò pensieroso e disse:

-Sta per arrivare un temporale, andiamo.-

-No, aspetta. Non hai mai visto un temporale d’estate?- chiese Lucia sorridente.

-Sì, certo. A Roma.- rispose Marco indicando con il braccio la direzione della città.

-Qui è diverso, è fantastico.-

Lucia si sedette al fianco di Marco e appoggiò la testa sulla sua spalla. Una goccia le cadde sulla fronte. Marco alzò ancora la testa verso il cielo, poi con il palmo della mano rivolto verso l’alto constatò l’arrivo delle prime goccie d’acqua. All’orizzonte, i fulmini squarciavano il cielo disegnando delle forme irregolari, come se Marco e Lucia fossero in una grande campana di vetro che pian piano andava rompendosi.

Dopo alcuni secondi, la pioggia si fece fitta e intensa. Lucia si alzò e sorridente cominciò a saltare, e a ballare entusiasta.

-Guarda Marco, non è meraviglioso?-

Lui la guardava divertito e la contemplava, perché in lei vedeva la vita. Gli occhi le si illuminavano per la felicità. Si vedeva che amava la natura. Marco si alzò da terra e abbracciò con forza Lucia. La guardò intensamente negli occhi come a dirle che non avrebbe mai voluto perderla per niente al mondo.

Ora la pioggia era davvero intensa.

-Vieni, andiamo in quel vecchio casolare!- disse Lucia prendendo Marco per mano.

I due cominciarono a correre, mentre ridevano a crepapelle. Appena furono dentro il rudere, ansimanti, si guardarono sorridendo, come bambini. Non si dissero nulla. Marco diventò serio all’improvviso e cinse i fianchi di Lucia. Lei si fece avvolgere come se non aspettasse altro. I respiri dell’uno e dell’altra cominciarono a rallentare e ad avere la stessa cadenza, come se dietro ci fosse un maestro d’orchestra che ne scandiva il ritmo.

Eccolo, il tanto sospirato bacio. Così lieve e dolce. A Lucia, le labbra soffici di Marco le ricordavano i petali dei papaveri, così leggere e delicate. Marco, con la mano, lasciò un fianco di Lucia e lo posò sulla sua spalla, poi senza che lei se ne accorgesse le spostò la bretella, efece altrettanto con l’altra. Il vestito di Lucia cadde a terra all’improvviso e lei sentì un nodo allo stomaco. Smise di baciarlo e lo guardò negli occhi. Ancora. Ancora. Marco si tolse la maglietta e riprese ad abbracciare Lucia. Non la mollò per un secondo. I due continuarono a guardarsi negli occhi, mentre i loro corpi si toccavano, facendo per abbassarsi e stendersi sul pavimento bagnato. Fu la prima volta per entrambi.

Nessuno dei due dimenticò mai il temporale di quel pomeriggio d’estate.

Lucia e Marco continuarono ad andare in quella campagna romana, che in primavera diventava uno spettacolo. I papaveri la invadevano colorandola di rosso acceso. Marco e Lucia, vi portarono lì i propri figli. Li fecero giocare, correre, ridere e danzare su quel prato, il quale dava, a tutti quelli che ci andavano, un senso di libertà, di leggerezza e di appartenenza al mondo che forse tanti di noi ormai hanno perso.

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